Direzione del Personale - Roberto Mattio

Zangrillo, "ecco il nuovo sistema di misurazione e valutazione dei dipendenti pubblici"

12 luglio 2024

Come tutti noi sappiamo, uno dei principali elementi di gestione delle risorse umane nelle nostre Organizzazioni è rappresentato dalla valutazione delle performance e degli obiettivi delle persone che vi operano. Questi sistemi valutativi sono stati a lungo sviluppati e applicati in modo particolare dalle aziende del settore privato; con il tempo però, soprattutto a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, anche l'amministrazione pubblica ha iniziato a confrontarsi con questi elementi sviluppando sistemi valutativi sempre più elaborati e articolati e introducendo modelli di gestione più manageriali. Una delle tappe fondamentali di questo cammino è rappresentata dalla c.d. Riforma del 2009 (d. Lgs. 150) a cui hanno fatto seguito altri interventi normativi culminati di recente con la nuova direttiva di fine 2023 introdotta dal Ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo. Ci è parso allora interessante provare a indagare queste novità parlandone proprio con il Ministro che vanta, tra l'altro, una lunga e consolidata esperienza nel campo delle Risorse Umane in importanti organizzazioni del settore privato e che dunque, meglio di chiunque altro, ci può fornire una visione dello stato dell'arte della materia avendone vissuto entrambi i contesti.

I sistemi di misurazione e valutazione della performance del personale nella P.A. sono stati introdotti con il D.Lgs. 150/2009. Lo scorso 28 novembre 2023 è stata pubblicata la direttiva del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, che ha varato nuovi criteri di valutazione della performance e del merito per i dipendenti statali. Cosa connota la sua riforma rispetto a quelle precedenti?

«Vogliamo rendere il sistema di valutazione della performance nella PA più efficace e, nel solco delle esperienze dei modelli adottati nello scenario europeo e OCSE, attuare una strategia in grado di valorizzare al meglio il merito. Su questo punto voglio essere chiaro: non si tratta di giudicare le persone, di esprimere una valutazione valoriale nei loro confronti, ma di declinare il suo profilo di competenze, di esperienze e, quindi, il suo potenziale. Valutare il merito non significa soltanto misurare la performance in termini di risultati, ma vuol dire anche considerare la capacità che abbiamo di esprimere i nostri talenti, le nostre virtù, ma anche individuare le aree di miglioramento. Significa, in sostanza, impegnarsi a far crescere le persone e creare valore pubblico».

La riforma enfatizza la necessità di sistemi di misurazione che considerino sia la performance individuale che quella organizzativa. Si introducono interventi valutativi non solo da parte dei responsabili ma anche di altri attori fino a configurare una vera e propria valutazione a 360°. Quali sono le principali novità introdotte?

«Adottare un sistema di valutazione a tutto tondo vuol dire avere un riscontro più oggettivo e completo. Se prima le valutazioni erano unilaterali e gerarchiche, ovvero solo il dirigente giudicava i dipendenti, con la nuova direttiva entrano in gioco nuovi attori: non più soltanto i superiori, ma anche i colleghi e persino gli utenti finali fruitori del servizio. Siamo convinti che in questo modo il nostro capitale umano sia incentivato a migliorare non soltanto nella prestazione individuale, ma anche nella collaborazione con i colleghi, perché tutto questo si traduce in servizi migliori».

In particolare, si torna a parlare, nella performance organizzativa, di valutazione da parte dell'utente, misurata sul grado di soddisfazione del servizio che il dipendente pubblico ha fornito. Non è la prima volta che se ne parla. Cosa c'è di diverso oggi rispetto al passato e soprattutto perché ci aspettiamo su questo fronte un cambio di passo?

«Abbiamo a disposizione innovativi strumenti digitali con piattaforme in grado di raccogliere feedback in tempo reale in modo strutturato e organizzato. Con sistemi simili diventa quindi più facile identificare tutte le aeree di miglioramento e intervenire rapidamente con azioni correttive. Capite bene che rispetto al passato questo rappresenta un approccio vincente che guarda nel concreto al miglioramento della qualità lavorativa e del servizio reso ai cittadini».

Un punto saliente riguarda la valutazione della leadership dei dirigenti; in questa analisi ci si focalizzerà di più sugli aspetti manageriali che su quelli "tecnici". Come si misura un aspetto così importante nella P.A.?

«Partiamo dal presupposto che i dirigenti della PA sono certamente preparati dal punto di vista delle competenze tecniche. Associata alla formazione tecnica ci vuole però una formazione manageriale. Mi riferisco a capacità oggettivamente osservabili, come quella di far accadere le cose, di tenere conto delle risorse disponibili per perseguire l'obiettivo, di incoraggiare e sostenere le persone in difficoltà, di promuovere il cambiamento, di sviluppare capacità di visione, solo per elencare alcune tra quelle inserite nella direttiva. La misurabilità di tali comportamenti sarà un'analisi di risultato, improntato a una logica di miglioramento continuo della PA».

Lei vanta una lunga esperienza di gestione delle Risorse Umane in aziende del settore privato. Quali sono le principali sfide che ha dovuto affrontare introducendo i nuovi criteri di valutazione del merito e delle performance nel settore pubblico e quali le principali differenze che ha riscontrato?

«La principale sfida riguarda la necessità di superare una certa resistenza al cambiamento. Mi faccia dire, però, che questa resistenza non è presente solo nel pubblico ma ho avuto modo di riscontrarla anche nel privato. Ci abituiamo a gestire alcune dinamiche con determinati meccanismi e siamo poi restii a modificare le nostre abitudini. Dobbiamo superare questo meccanismo mentale di 'autoprotezione', perché solo adattandoci al cambiamento possiamo provare a superare i limiti attuali e contribuire a migliorare in modo significativo l'ambiente di lavoro e i risultati organizzativi. Tutto ciò è ancora più vero nell'epoca attuale, in cui l'innovazione tecnologica, si pensi ad esempio all'intelligenza artificiale, offre opportunità di crescita straordinaria anche nella PA».

Venendo al sistema premiante, sono previsti sia incentivi di natura economica che altre premialità; ad esempio, percorsi formativi personalizzati. Ce li può illustrare?

«Altre forme di premialità che potrebbero essere utilizzate per affiancare gli incentivi di natura strettamente economica sono, ad esempio, le attività di coaching e mentoring individuali, piuttosto che corsi formativi per la crescita del dipendente. Ma penso anche a riconoscimenti a livello reputazionale, come individuare il "miglior dipendente del mese" e riconoscergli il ruolo di formatore interno, in modo da utilizzare anche le sue competenze ed esperienze per arricchire il bagaglio professionale dei colleghi. Attenzione, però: la pianificazione degli obiettivi individuali, azione fondamentale per ogni dirigente, deve essere tempestiva e attenta. Questo approccio permette di identificare chiaramente i meritevoli e di assegnare i premi in modo equo, basandosi su criteri trasparenti e condivisi».