Il debito, Schäuble e noi: l'esame di coscienza non deve farlo solo l’Italia

18 maggio 2021

Dobbiamo un ringraziamento a Wolfgang Schäuble per averci svegliato dal sonno della pandemia. Il suo lungo intervento, pubblicato sul Sole 24 Ore il 14 maggio, è un sasso lanciato nello stagno, un richiamo alla realtà che “buca” la bolla del Patto di stabilità sospeso e del Next Generation Eu in cui ancora ci stiamo cullando. Schäuble ci ha ricordato chi siamo: i nostri antichi mali, la realtà che tornerà a presentarci il conto dopo l’emergenza.

In fondo, le parole di Schäuble sono un segno di ritorno alla normalità, che però non è rassicurante. Sono anche un gesto irrituale, posto com’è lontano dalle sedi istituzionali in cui discussioni di questa importanza si svolgono. Il presidente del Bundestag ha preso carta e penna per rivolgersi direttamente al nostro premier Mario Draghi e proporgli una vecchia ricetta, quella di un rigore finanziario incondizionato, orientato esclusivamente alle politiche di stabilizzazione della finanza pubblica e che non considera in alcun modo l’altro lato della medaglia, quello delle politiche per la crescita. Intendiamoci subito, a scanso di equivoci: il nuovo governo guidato da Draghi, del quale ho l’orgoglio di far parte, ritiene di fondamentale importanza ridurre l’enorme fardello del debito pubblico che attanaglia il nostro Paese. Su questo punto, nessun dubbio. Così come è seriamente intenzionato a fare in pochi mesi tutte quelle riforme strutturali che l’Italia non ha (colpevolmente) fatto negli ultimi anni. Un’impresa senza precedenti, di cui i partner europei dovrebbero prendere atto. Su questo tema voglio essere assolutamente chiaro: l’Italia non accamperà scuse e si impegnerà a raggiungere tutti gli obiettivi che il Governo stesso ha messo per iscritto nel Pnrr. Lo deve fare, non solo perché in caso contrario non avrebbe accesso ai 192 miliardi di euro stanziati dalla Ue, ma perché è, innanzitutto, nel suo stesso interesse. Dalla riforma della Pubblica amministrazione, della giustizia, del fisco, della concorrenza il nostro Paese non può che trarre enormi benefici.

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