Il Corriere della Sera - Alessandra Arachi

«Sono tanti due anni per semplificare la Pa? Non si era mai iniziato»

26 agosto 2024

La legge delega per la semplificazione è stata approvata due anni fa, nell'era Draghi. Il mandato al governo era promuovere la collaborazione tra Pubblica amministrazione e imprese, semplificando i controlli, eliminando adempimenti non necessari. A luglio è stato approvato il decreto che dà corpo alla delega.

Ministro Paolo Zangrillo, perché tanto tempo? Autorevoli opinionisti hanno parlato di «occasione sprecata».

«Quella dei controlli sulle attività economiche è una riforma spesso sbandierata ma che mai nessuno ha realizzato. Il via libera definitivo al decreto, prima della pausa estiva, è arrivato dopo due passaggi in Consiglio dei ministri e dopo aver ottenuto il parere del Garante per la privacy, l'intesa della Conferenza unificata, il parere del Consiglio di Stato nonché delle Commissioni competenti di Camera e Senato. Non abbiamo perso tempo. Siamo intervenuti per ridurre l'eccessiva burocrazia e liberare le Pmi da un sistema in cui rischiavano di subire 122 controlli all'anno da parte di 19 enti pubblici diversi. Una perdita di tempo e di risorse: il costo complessivo per le aziende italiane di questa attività è stato stimato in 57 miliardi di euro l'anno».

Qual è la strategia per semplificare controlli oggi governati da una burocrazia che rende difficile la vita alle imprese?

«Abbiamo introdotto un cambio di paradigma nel rapporto tra Pa e imprese: dalla logica sanzionatoria si passa alla prevenzione degli illeciti ricercando un approccio collaborativo, di fiducia reciproca, tra le autorità preposte al controllo e le attività economiche, un approccio che vuole incentivare i comportamenti virtuosi in un'ottica di premialità».

Uno dei problemi fondamentali è l'eccesso di enti preposti a fare i controlli, che crea duplicazioni e perdita di tempo. Come risolverlo?

«Il decreto introduce il censimento dei controlli da parte delle singole amministrazioni, un'attività necessaria perché costringe ogni ente controllante a un'analisi di senso e di efficacia per poi coordinarsi con le altre amministrazioni, il tutto sotto la regia del dipartimento della Funzione pubblica. A questo si aggiunge l'istituzione di un sistema di identificazione e gestione del rischio, secondo parametri specifici. Salvo ipotesi particolari, per le imprese in possesso del report di basso rischio i controlli ordinari verranno effettuati non più di una volta l'anno».

Quali sono oggi i tempi medi che ogni impresa deve passare a contatto con la Pa per via dei controlli?

«Le analisi effettuate per mettere a punto il decreto sui controlli ci dicono che il tempo medio dedicato dalle Pmi all'interazione con la Pa può raggiungere le 550 ore l'anno, addirittura 1.200 ore per le medie imprese. Dovevamo intervenire e lo stiamo facendo attraverso il dialogo e il confronto con imprese e categorie».

Qual è l'obiettivo che si vuole raggiungere?

«Parlare di riduzione dei controlli sarebbe riduttivo, stiamo ragionando in termini qualitativi, non quantitativi. L'obiettivo è ottimizzare i controlli rendendoli più efficaci, per tutelare l'interesse pubblico senza intralciare il sistema imprese».

Il provvedimento introduce un meccanismo premiale: le imprese accertate come «virtuose» sono esonerate per dieci mesi da altri controlli.

«Il report certificativo, inserito nel fascicolo informatico d'impresa che le amministrazioni devono consultare prima di avviare i controlli, servirà a ridurre drasticamente i tempi. Secondo il principio dell'once only non si potranno chiedere documenti e informazioni già disponibili alle pubbliche amministrazioni».

Fondamentale sarà il ruolo dei dipendenti della Pa.

«Stiamo lavorando su questo, dalle procedure di reclutamento alla formazione, al sistema premiante. Dobbiamo puntare su sistemi gestionali innovativi in cui le persone che lavorano e producono risultati possono crescere e fare carriera. Il merito è una leva irrinunciabile. Dobbiamo partire dalla misurazione e valutazione della performance, che da mero adempimento burocratico, qual è oggi, deve essere vissuto come uno step fondamentale a cui agganciare percorsi di carriera. I nostri dirigenti non devono essere solo eccellenti tecnici, ma leader che si preoccupano della crescita del capitale umano».