Working paper 23/21 della Fondazione Tarantelli - Conquiste del Lavoro - Giampiero Guadagni

Pa, Brunetta: "Persone e competenze al centro di ogni misura"

11 dicembre 2021

La riforma della Pubblica amministrazione, anche grazie alla spinta del Next Generation Eu, ha l’obiettivo di aumentare l'efficienza del settore pubblico, contribuendo così a rendere strutturale nei prossimi anni i livelli di crescita del nostro Paese. Ministro Brunetta, quali sono le misure che considera indispensabili per raggiungere l'obiettivo? 
 
Semplificazione, reingegnerizzazione dei processi, formazione, rinnovamento e valorizzazione del capitale umano pubblico. Obiettivi concreti che abbiamo già in gran parte realizzato con provvedimenti “booster” – la digitalizzazione dei concorsi e le prime due riforme abilitanti del Pnrr, semplificazioni e reclutamento - per fornire risposte immediate a cittadini e imprese. Al centro di ogni misura ci sono le persone e le competenze. Per questo abbiamo lanciato il portale InPa, la porta unica d’accesso al lavoro pubblico, modellato sull’esempio di LinkedIn. Una rivoluzione, perché per la prima volta i cittadini e le amministrazioni hanno uno spazio unico dove far incontrare domanda e offerta di lavoro. Il 30 novembre sul portale sono stati pubblicati i primi avvisi per il reclutamento di 1.000 professionisti ed esperti da assegnare alle Regioni per accompagnare la realizzazione dei progetti del Pnrr sui territori e gestire le procedure complesse, dagli appalti alle autorizzazioni ambientali. Un debutto simbolico. Fin dalle prime misure, la scommessa del Governo Draghi sul capitale umano pubblico è stata evidente. Il 10 marzo a Palazzo Chigi abbiamo firmato con i sindacati il Patto per l’innovazione del lavoro pubblico e la coesione sociale, la cornice per riavviare i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, linfa vitale del cambiamento. Poi abbiamo sbloccato e riformato i concorsi pubblici (articolo 10 del dl 44/2021): niente più carta e penna, prove scritte solo digitali, cento giorni per la conclusione delle procedure, anziché anni. Subito dopo l’invio del Pnrr alla Commissione europea abbiamo approvato i decreti sulle semplificazioni e la governance (Dl 77/2021) e sul reclutamento e le carriere nella Pa (Dl 80/2021), entrambi convertiti in legge dal Parlamento prima della pausa estiva. Provvedimenti cardine per l’attuazione del Piano, volti a eliminare i colli di bottiglia e le rigidità che potrebbero rallentarla e a dotare la Pa delle competenze giuste. Ecco perché rappresentavano la prima “milestone”, che, una volta raggiunta, ci ha consentito di ricevere ad agosto l’anticipo di 25 miliardi di fondi europei. 
 
Nonostante la drammatica riduzione degli organici avvenuta negli ultimi anni, e nonostante una formazione inadeguata, molti settori della pubblica amministrazione hanno dato una buona, a volte ottima prova nell'emergenza pandemia. Come intende valorizzare il capitale umano? 
 
Ho fatto mia la definizione del presidente Mattarella che riconosce nei 3,2 milioni di dipendenti pubblici “i volti della Repubblica”. Medici, infermieri, forze dell’ordine sono stati la “prima linea” contro il virus. Nel Patto del 10 marzo con i sindacati è stato stabilito un principio condiviso: coesione sociale e creazione di buona occupazione saranno i pilastri di ogni riforma e di ogni investimento pubblico previsti dal Pnrr. Con le opportunità straordinarie offerte da qui al 2026 dal Next Generation Eu, le donne e gli uomini della Pubblica amministrazione hanno assunto il ruolo di chiave di volta per la ripartenza. Il Patto li ha riconosciuti come i pivot della ricostruzione in chiave digitale e sostenibile: questa è la nostra bussola per ogni intervento. Non solo norme, ma persone, tecnologie, organizzazione. E formazione: da gennaio 2022 partirà un piano rivolto a tutti i dipendenti pubblici, che può contare su quasi un miliardo di euro in cinque anni tra risorse Pnrr e fondi strutturali. Non solo. Nei nuovi contratti di lavoro viene previsto un collegamento esplicito tra formazione, carriere e stipendi. Un’enorme, indispensabile “ricarica delle batterie” per il mondo del lavoro pubblico.
 
Ha già ricordato il Patto per la coesione sociale e l'innovazione della Pa. Ci sono spazi per la contrattazione di secondo livello per misurare ulteriormente la produttività? 
 
Lo sviluppo della contrattazione decentrata è al cuore del Patto e serve proprio a valorizzare la produttività ed evitare il “tutto a tutti” che mortifica chi si è rimboccato le maniche e continua a rimboccarsele. L’accordo Governo-sindacati ha avviato un percorso per costruire un nuovo inquadramento professionale che fissi professionalità, merito e conoscenza come obiettivi oggettivi e misurabili, che selezioni ed eviti l’appiattimento. Con la legge di bilancio abbiamo superato i tetti al salario accessorio. Nei nuovi contratti si regola l’istituzione di una quarta area per i funzionari, con l’intenzione di valorizzare le alte specializzazioni. 
 
In quel Patto c’era anche l’impegno ad affrontare il tema della regolazione dello smart working attraverso la contrattazione collettiva…
 
Un altro impegno mantenuto. Lo smart working nella Pa è la prova che una tragedia può trasformarsi in un’opportunità. La pandemia ha costretto i dipendenti pubblici a una sperimentazione di massa di lavoro da casa, senza regole. Grazie alla straordinaria campagna vaccinale del Generale Figliuolo e al green pass, abbiamo potuto abbandonare questo smart working fai-da-te, ripristinare dal 15 ottobre il lavoro in presenza come modalità ordinaria per la Pa e costruire, nel frattempo, un vero lavoro agile, con regole contrattuali, organizzative e di customer satisfaction. Niente più device personali, niente più piattaforme insicure. Diritto alla disconnessione, fasce di contattabilità, diritto alla formazione specifica, diritto alla protezione dei dati personali, regime dei permessi e delle assenze. E da gennaio, quando le amministrazioni adotteranno i Piani integrati di attività e organizzazione (Piao), piena autonomia ai singoli enti che potranno fare tutto lo smart working che vorranno. Con un unico faro: la soddisfazione di cittadini e imprese. Con una crescita 2021 al 6,2-6,3%, come avevo previsto mesi fa, è giusto che la Pubblica amministrazione lavori a pieni giri, con il massimo dell’efficienza. Lo ricordo sempre: la Pa non esiste per sé, esiste per fornire servizi efficienti a cittadini e imprese. Bisogna smaltire gli arretrati, sostenere la ripresa, dare gambe al Pnrr, accelerare sulla formazione, accogliere i neoassunti. 
 
Ministro Brunetta, come lei stesso ha detto il Patto del 10 marzo ha inaugurato una nuova stagione di relazioni sindacali. La scelta del premier Draghi di “valorizzare” con la sua firma l'accordo ricorda in questo senso l'accordo del 1993 sulla politica dei redditi con Ciampi Presidente del Consiglio. Una curiosità significativa: quel giorno erano presenti anche Mario Draghi come direttore generale del Tesoro; e lei stesso, giovanissimo assistente del ministro del Lavoro Gino Giugni, uno dei firmatari dell'intesa. Quell'accordo peraltro inaugurò il modello della concertazione: non crede che l'emergenza pandemia abbia rilanciato la necessità di recuperare, certamente rivisitato, quel modello? 
 
Ho sempre creduto nel modello della concertazione, che nasce dalla Costituzione materiale del Paese, e sono convinto che a maggior ragione oggi resti un modello insuperato per fronteggiare periodi di grave crisi economica e sociale. Ogni contratto è un investimento nella fiducia reciproca, nella stabilità e nell’innovazione delle relazioni di lavoro. È uno degli insegnamenti fondamentali del mio maestro, il professor Gino Giugni, padre dello Statuto dei lavoratori. Ogni svolta epocale italiana in ambito lavorativo, dal congelamento della scala mobile con l’accordo di San Valentino del 1984 alla nuova contrattazione e alla nuova politica dei redditi del 1993, si è realizzata grazie a grandi patti sociali in grado di accompagnare i cambiamenti in un quadro di coesione. Le similitudini con il Protocollo Ciampi-Giugni non riguardano naturalmente i contenuti, ma lo spirito del tempo. Entrambi sono stati sottoscritti in corrispondenza di due grandi scelte dell’Italia: nel 1993 dopo Maastricht, dunque dopo la decisione di entrare nel processo di convergenza europeo; a marzo con il Next Generation Eu, per accompagnare il Pnrr. In tutti e due i casi, il Governo mantiene il diritto-dovere di decidere, ma il dialogo sociale viene utilizzato per sostenere e rendere strategica una scelta in un’ottica di partecipazione e corresponsabilità. Oggi le macerie sul campo sono ancora più devastanti di 28 anni fa. Il Patto ha avuto lo scopo di innovare chiedendo, come e più di allora, un supplemento di responsabilità a partire dal lavoro pubblico. Riforme, contratti e investimenti fanno il resto. Serve una nuova Pa per una nuova Italia, dentro una nuova Europa.