Circolare n.1 del 14 febbraio 2014

Ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 in particolare, gli enti economici e le società controllate e partecipate.

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Circolare n. 1 del 14 febbraio 2014
Oggetto: ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza di cui alla legge 6 novembre 2012, n. 190 e al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33: in particolare, gli enti economici e le società controllate e partecipate.

Premessa.
1.a. La trasparenza come valore aggiunto
La trasparenza può costituire per molte realtà aziendali motivo di eccellenza e di competitività. Un accesso completo alla informazioni più rilevanti che investono gli aspetti organizzativi e gestionali di una società, o più in generale di un soggetto operante sul libero mercato o in mercati ad accesso limitato, consente di disporre di informazioni aggiornate e complete sullo stato di salute del singolo operatore economico nell'ambito di un determinato settore o area di attività. La trasparenza, intesa come accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività dei soggetti, pubblici e privati, operanti sul mercato, consente a chiunque sia portatore di un interesse rilevante, di tipo anche economico, una migliore valutazione degli investimenti e degli indici di rischio che una derminata operazione economica può avere in un dato momento storico o mercato di riferimento.

1.b. Finalità della circolare
La presente circolare - che fa seguito alla circolare n. 2/2013, del 19 luglio 2013, recante primi indirizzi applicativi in tema di "attuazione della trasparenza" - si pone l'obiettivo di offrire alle amministrazioni ed agli enti un indirizzo interpretativo uniforme circa gli ambiti di applicazione della disciplina prevista in materia di trasparenza e di obblighi di pubblicazione di dati, che tenga conto delle diverse possibili situazioni di fatto alle quali si applica la normativa di riferimento, anche in relazione alle previsioni generali del "Piano nazionale anticorruzione". Le finalità della presente circolare consistono nel chiarire e delineare l'ambito soggettivo e oggettivo di applicazione delle regole di trasparenza e degli obblighi di pubblicazione di dati contenuti nella legge 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge anticorruzione) e nel decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, con particolare riferimento agli enti e ai soggetti di diritto privato controllati, partecipati, finanziati e vigilati da pubbliche amministrazioni.
In questa sede si fornirà, pertanto, l'interpretazione necessaria a chiarire la portata delle norme, in relazione alla natura sostanziale dell'attività svolta, alla sottoposizione al controllo pubblico e all'uso di risorse finanziarie pubbliche, tenendo conto delle disposizioni in vigore e sulla base di un'interpretazione sistematica e orientata secondo i principi comunitari.
Anticipando sinteticamente le conclusioni alle quali, si giungerà nel corpo della presente circolare, si ritiene di poter individuare una categoria generale di enti di diritto privato ai quali devono applicarsi le regole di trasparenza, consistente negli "enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse". Compongono tale categoria: a) gli enti che svolgono attività di pubblico interesse in virtù di un rapporto di controllo (come meglio infra chiarito), che determina l'applicazione totale delle regole di trasparenza; b) gli enti che svolgono attività di pubblico interesse in virtù di un rapporto di partecipazione minoritaria, per i quali le regole di trasparenza si dovranno applicare limitatamente alle attività di pubblico interesse svolte. Occorre preliminarmente ricordare che il Governo ha adottato il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante il "Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni", in attuazione della delega contenuta nell'art. 1, comma 35, della legge n. 190 del 2012.
In coerenza con i principi contenuti nella delega, il d.lgs. n. 33 del 2013 ha provveduto alla ridefinizione in un unico contesto normativo degli obblighi di trasparenza, mediante l'introduzione, per un verso, di alcune "modifiche alla legislazione vigente" (art. 52) e per altro verso mediante l'"abrogazione espressa" di alcune norme primarie (art.53).
L'intervenuta sistematizzazione degli obblighi di pubblicazione, in un'ottica di "riordino" dell'intera disciplina normativa in tema di trasparenza, trova compiutezza nelle prescrizioni contenute nel Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, che si vanno così a sostituire - al fine di semplificare gli adempimenti - alla pluralità di obblighi di pubblicazione pro tempore vigenti. La presente circolare si rivolge, come detto, alle pubbliche amministrazioni e a tutti i soggetti comunque tenuti, per le ragioni che verranno in prosieguo esposte, al rispetto degli obblighi di trasparenza e mira a fornire indicazioni interpretative e di indirizzo coerenti con il sistema normativo, in risposta alle numerose richieste provenienti dalle amministrazioni ed al fine di assicurare l'uniforme applicazione delle disposizioni in tema di trasparenza.

2. I soggetti tenuti agli obblighi di trasparenza previsti dalla legge delega e dal d.lgs. n. 33 del 2013.
L'art. 1, comma 34, della legge delega n. 190 del 2012 stabilisce che "Le disposizioni dei commi da 15 a 33 si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea".
In sede di riordino e nell'ambito del disegno di delega, l'art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013 individua tra i destinatari:
● le pubbliche amministrazioni, di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001;
● le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni e le società da esse controllate, ai sensi dell'art. 2359 cod. civ. "limitatamente alle attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea" per quanto riguarda le disposizioni dei commi da 15 a 33;
● le autorità indipendenti di garanzia, vigilanza e regolazione, che tuttavia dovranno provvedere "secondo le disposizioni dei rispettivi ordinamenti", nel rispetto del loro status indipendente.

L'art. 11 si riferisce esplicitamente, dunque, per quanto riguarda l'individuazione dei soggetti di diritto privato destinatari degli obblighi integrali di trasparenza, alle sole "società partecipate" e alle "società da esse controllate, ai sensi dell'art. 2359 cod. civ.".
Esso contiene, in definitiva, una nozione sicuramente più ristretta di quella di "enti di diritto privato in controllo pubblico", contenuta nel successivo art. 22 e nell'art. 1 del d.lgs. n. 39/2013 ( in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi).
L'art. 22 del d.lgs. n. 33 del 2013, recante "Obblighi di pubblicazione dei dati relativi agli enti pubblici vigilati, e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, nonché alle partecipazioni in società di diritto privato", include nel novero degli "enti di diritto privato in controllo pubblico":
- gli enti pubblici istituiti, vigilati e finanziati da una pubblica amministrazione; - le società partecipate;
- gli enti di diritto privato, comunque denominati, sottoposti al controllo dell'amministrazione; ponendo a loro carico una serie di obblighi di pubblicità (come meglio si chiarirà infra), volti a rendere conoscibili, mediante la pubblicazione sul sito dell'amministrazione interessata, tutte le scelte organizzative da essa compiute relativamente alla cura degli interessi pubblici che le sono assegnati dalla legge.
Nei confronti delle società, cosiddette di secondo livello, indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni per il tramite di società direttamente controllate, l'art. 22 del d.lgs. n. 33/2013 pone invece a carico di quest'ultime l'obbligo di "promuovere" l'applicazione dei "principi" di trasparenza.
La Tabella 1, allegata al d.lgs. n. 33 del 2013, riprende la definizione contenuta nell'art. 22 e individua tra gli "Enti controllati", soggetti agli obblighi di trasparenza:
a) gli enti pubblici vigilati,
b) le società partecipate,
c) gli enti di diritto privato controllati.

3.Questioni interpretative relative all'individuazione dell'ambito soggettivo
Una delle prime questioni interpretative che necessita di un intervento chiarificatore riguarda l'individuazione di alcune tipologie di società esentate dal rispetto dagli obblighi di trasparenza. Al fine di assicurare un'interpretazione sistematicamente coerente tra le disposizioni della legge anticorruzione n. 190 del 2012 e quelle dei decreti legislativi conseguenti, n. 33 e n. 39 del 2013, è bene chiarire che le società partecipate da amministrazioni pubbliche che emettono strumenti finanziari, quotati in mercati regolamentati, pur non espressamente richiamate dal d.lgs. n. 33 del 2013, non possono ritenersi soggette agli obblighi di trasparenza indicati dal d.lgs. n. 33 del 2013, per evidenti ragioni di pubblico interesse e di coordinamento con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 39 del 2013 (nel quale sono espressamente indicate), al pari delle società partecipate quotate in mercati regolamentati e delle loro controllate (invece indicate dall'art. 22, comma 6, del d.lgs. n. 33 del 2013).
Prima di passare all'individuazione dei soggetti, comunque, tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza, è bene precisare che l'attuazione della disciplina in tema di trasparenza interessa tutte le pubbliche amministrazioni in un'accezione che va necessariamente declinata al plurale, includendovi tutti i soggetti che perseguono finalità di interesse generale con l'utilizzo di risorse pubbliche. Appare infatti evidente la volontà del legislatore di includere nell'ambito soggettivo delle pubbliche amministrazioni tutti quei soggetti che, indipendentemente dalla loro formale veste giuridica, perseguono finalità di interesse pubblico, in virtù di un affidamento diretto o di un rapporto autorizzatorio o concessorio (e che, proprio in ragione di tale rapporto privilegiato con la pubblica amministrazione, possono vantare una posizione differenziata rispetto agli altri operatori di mercato) e che gestiscono o dispongono di risorse pubbliche.
Il cosiddetto pacchetto anticorruzione, in cui rientrano anche le disposizioni sugli obblighi di trasparenza, ha tra i suoi principali obiettivi quello di evitare che possano esservi aree di opacità sui flussi e sulle destinazioni delle risorse pubbliche.
Ai fini di una corretta applicazione delle nuove disposizioni di legge, in linea con la generale impostazione della legislazione anticorruzione, è da ritenere che tra i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza vadano inclusi gli enti pubblici economici e tutti gli altri soggetti privati, che, al di là della loro veste giuridica, svolgano "attività di pubblico interesse".
Per definire meglio la nozione di "attività di pubblico interesse" può farsi riferimento anche alla definizione di "enti di diritto privato in controllo pubblico", pressochè coeva e rispondente alle stesse finalità, contenuta nel d.lgs. n. 39 del 2013, che fa riferimento a "le società e gli altri enti di diritto privato, comunque denominati, che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi" (art. 1, comma 2, lett. c). Questa definizione contiene una serie di indicatori di sostanziale pubblicità delle attività svolte dagli enti, anche se la forma giuridica di tali enti è di diritto privato. Così come le norme sulla inconferibilità e incompatibilità sono volte a superare l'elemento formale della natura giuridica dell'ente a favore della natura sostanziale delle attività svolte, lo stesso vale per la trasparenza: se gli enti di diritto privato svolgono attività del tipo esemplificato, corrispondenti alle attività di pubblico interesse, ad esse (e per quella parte dell'organizzazione che le coinvolge) si devono applicare le regole sulla trasparenza.

A supporto di tale interpretazione vi è il dato normativo sistematico, che permette di integrare l'elenco contenuto nell'art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013 con il riferimento ad altre definizioni normative:
● l'art. 1, comma 34, della legge n. 190 del 2012, nell'elencare i soggetti ai quali si applicano le regole generali di trasparenza ("la trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili") fissate nei precedenti commi da 15 a 33, ricomprende oltre alle amministrazioni pubbliche elencate nel d.lgs. 165/2001 (in particolare, all'art. 1, comma 2) ed alle società partecipate e le loro controllate (limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea) anche l'ulteriore e generale categoria degli "enti pubblici nazionali", definizione che non si ritrova nella norma delegata dell'art. 1 del d.lgs. 33/2013.;
● l'art. 1, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 39 del 2013 contiene, come detto, una definizione di "enti di diritto privato in controllo pubblico" più completa di quella contenuta nell'art. 11 del d.lgs. n. 33 del 2013, perché ricomprende le società partecipate (in controllo pubblico) e nello stesso tempo adotta un criterio sostanziale e di contenuto, allorchè indica le attività di cura di interessi pubblici: ● l'art. 22, comma 1, lett.c) del d.lgs. 33 del 2013 contiene infine una definizione di "enti di diritto privato in controllo pubblico", secondo la quale sono "gli enti di diritto privato" sottoposti a controllo da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano a queste riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi. In sede di interpretazione dell'art. 11 deve, allora, essere individuata una più precisa nozione di "controllo" (delle amministrazioni sugli enti privati e delle società sulle loro controllate).
A questo fine una lettura integrata delle disposizioni dell'art. 11 e dell'art. 22 del d.lgs. n. 33 del 2013 può condurre a considerare come "controllati": a) in primo luogo, gli enti di diritto privato e non le sole società partecipate, in tal modo estendendo, coerentemente con le finalità indicate dalla legge, l'ambito di applicazione degli obblighi di pubblicità anche a soggetti di diritto privato non aventi la forma della società (quali, ad esempio, fondazioni e associazioni); b) in secondo luogo, gli enti che siano, da un lato, sottoposti al controllo azionario, di cui all'art. 2359 c.c. , e, dall'altro, siano "costituiti o vigilati da pubbliche amministrazioni nei quali siano riconosciuti, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi", secondo la definizione dell'art. 22.

E' necessario individuare una nozione chiara di controllo, perché ciò consente un'applicazione generale agli enti controllati della disciplina in materia di trasparenza e di pubblicazione dei dati: di conseguenza, quando si è in presenza di un ente di diritto privato in controllo pubblico, le norme sulla trasparenza vanno applicate all'intera organizzazione (e all'attività) dell'ente considerato, salvo che si dimostri che il controllo non sia finalizzato allo svolgimento di "attività di pubblico interesse", ma di mere attività economiche o commerciali di rilievo esclusivamente privatistico.
Quando si è, invece, in presenza di una mera partecipazione minoritaria, le disposizioni sulla trasparenza non si applicheranno all'intera organizzazione degli enti, ma solo a quella parte dell'organizzazione (e dell'attività) che consiste in "attività di pubblico interesse", così come precisato sopra (con l'applicazione della definizione del d.lgs. n. 39 del 2013).
Sintetizzando, grazie ad una lettura coordinata e sistematica delle disposizioni normative richiamate e in un'ottica di "riordino" della disciplina (che informa il d.lgs. n. 33 del 2013), è da ritenere che tra gli enti privati in controllo pubblico rientrino le "società controllate ai sensi dell'articolo 2359 c.c.", che devono essere sottoposte all'integrale applicazione delle regole di trasparenza, mentre alle società partecipate (con partecipazione minoritaria o comunque diversa da quella descritta dall'art. 2359 c.c.), le regole di trasparenza si dovranno applicare "limitatamente", e con le conseguenze che ne derivano, alla "loro attività di pubblico interesse".
Questa interpretazione si rivela del tutto aderente e conforme all'orientamento interpretativo, ormai ampiamente consolidato, della giurisprudenza amministrativa interna e, soprattutto, di quella comunitaria, secondo la quale nel novero dei soggetti pubblici, comunque tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza, va ricompreso "l'ente o il soggetto, il quale, indipendentemente dalla sua forma giuridica, sia stato incaricato, con atto della pubblica autorità, di prestare, sotto il controllo o la vigilanza di quest'ultima, un servizio o un'attività di interesse pubblico e che disponga a questo scopo di poteri più ampi di quelli risultanti dalle disposizioni che si applicano nei rapporti tra privati".

Nei casi in cui il controllo venga esercitato da parte di più amministrazioni, la disciplina deve essere interpretata nel senso che si ha comunque controllo pubblico quando il controllo e i poteri di nomina relativi allo stesso ente di diritto privato sono attribuiti anche a più di una pubblica amministrazione. A prescindere dalla forma giuridica e dall'assetto organizzativo, pertanto, è da ritenere che tra i soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza siano da ricomprendere anche le fondazioni e le associazioni private in controllo pubblico, nonché gli enti pubblici economici, destinati a svolgere la propria attività sul mercato o nell'erogazione di servizi pubblici secondo regole e con strumenti di diritto privato (sia per quanto riguarda la loro organizzazione pubblicistica, con riferimento agli obblighi posti a carico degli organi di indirizzo e dei titolari di uffici e incarichi amministrativi, sia per quanto concerne lo svolgimento della loro attività, ogniqualvolta essa possa rientrare nella nozione di "attività di pubblico interesse"). Poiché l'Intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata il 24 luglio 2013 (ai sensi dell'art. 1, comma 61, della legge n. 190 del 2012) ha espressamente qualificato le disposizioni del decreto n. 33 in materia di trasparenza come "immediatamente precettive", la presente circolare, nell'individuare i soggetti di diritto privato tenuti al rispetto della disciplina vigente in materia di trasparenza, consente la diretta applicazione di tale disciplina anche agli enti di diritto privato in controllo delle pubbliche amministrazioni regionali e locali, salvo che da parte del sistema delle autonomie locali non si ritenga utile individuare, in sede di intesa, ulteriori criteri interpretativi. Conclusivamente, al fine di fornire un'interpretazione coerente, che riporti ad unità le distinzioni rinvenibili nei diversi testi normativi, può essere utile, ai fini dell'individuazione dei soggetti tenuti al rispetto degli obblighi di trasparenza, assumere come minimo comune denominatore la nozione di "soggetto di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse", ricomprendendovi in essa qualunque soggetto, che, in virtù di un rapporto di controllo (come sopra definito) o di una partecipazione pubblica, si trovi a svolgere - e nei limiti di essa - una qualche "attività di pubblico interesse". Nel primo caso (controllo) si avrà applicazione totale delle regole di trasparenza; nel secondo (partecipazione minoritaria), l'applicazione delle regole di trasparenza sarà limitata alle sole attività di pubblico interesse. Una recente e autorevole applicazione giurisprudenziale di tali principi si può desumere dalla Determinazione n. 7/2014 del 12 febbraio 2014 della Corte dei Conti, "Determinazione e relazione della Sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.A. per gli esercizi 2011 e 2012" , che presuppone la più ampia applicazione possibile delle norme in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza agli enti pubblici economici e agli enti di diritto privato in controllo pubblico.

La Corte afferma la completa applicabilità della normativa anticorruzione alla RAI e in particolare sostiene che "gli enti pubblici economici e gli enti di diritto privato in controllo pubblico, tra i quali va annoverata la Rai e le società del gruppo, di livello nazionale o regionale/locale sono tenuti ad introdurre e ad implementare adeguate misure organizzative e gestionali"; conclude affermando "l'esigenza di adeguamento del modello previsto dalla stessa normativa (d.lgs. n. 231/01), alle previsioni contenute nella legge n.190 del 2012 e al Piano Nazionale Anticorruzione, recentemente approvato".

Nel corpo della stessa Determinazione della Corte si fa ampio cenno agli obblighi di trasparenza: ad esempio, in materia di consulenze, si legge che "nel contesto della più ampia trasparenza, raccomanda alla concessionaria di dare piena applicazione ai principi contenuti nell'ordinamento in relazione alla pubblicazione sul proprio sito internet degli incarichi e delle consulenze affidate a professionisti e società". La Corte segnala poi che il contratto di servizio per gli anni 2010-2012 "accentua, inoltre, la necessità di una effettiva trasparenza nella destinazione e utilizzazione dei finanziamenti percepiti attraverso il canone", ricordando che le regole sulla trasparenza ivi previste "impongono la pubblicazione sul sito web della società, degli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché delle informazioni sui costi della programmazione di servizio pubblico, anche tramite il mezzo televisivo e radiofonico, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda"; sottolinea infine come la contabilità separata sia uno strumento per la trasparenza nell'utilizzo del finanziamento pubblico.

4.Ambito oggettivo di applicazione: la differenziazione degli obblighi di trasparenza
Gli obblighi di pubblicazione gravanti sull'ente di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse, in linea con il concetto di trasparenza recepito dal d.lgs. n. 33/2013, intesa come "accessibilità totale delle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche" (art. 1, comma 1), riguardano l'organizzazione e l'attività degli enti, per quest'ultima limitatamente a quella svolta nella cura di interessi pubblici e disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea, escludendosi dall'applicazione della disciplina sulla trasparenza l'attività di carattere esclusivamente privatistico. L'attività di pubblico interesse è quella riferibile all'esercizio di funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche, di gestione di servizi pubblici o di concessione di beni pubblici.

5.L'obbligo di adottare il Programma triennale per la trasparenza e l'integrità
L'art. 10 del d.lgs. n. 33 del 2013 pone a carico di ciascuna "amministrazione" l'obbligo di adottare un Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, da aggiornare annualmente. Gli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse predispongono un Programma per la trasparenza e l'integrità con le stesse finalità disciplinate dall'articolo 10 del d.lgs. 33/2013.
Il detto Programma definisce le misure, i modi e le iniziative volte all'attuazione degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, ivi comprese le misure organizzative volte ad assicurare la regolarità e la tempestività dei flussi informativi. Le misure del Programma triennale sono collegate, sotto l'indirizzo del responsabile, con le misure e gli interventi previsti dal Piano di prevenzione della corruzione. A tal fine, il Programma costituisce di norma una sezione del Piano di prevenzione della corruzione, come già evidenziato nel Piano nazionale anticorruzione . 6.Il responsabile per la trasparenza.
Secondo l'art. 43 del d.lgs. n. 33/2013, il responsabile per la trasparenza, che si identifica di norma nel soggetto che svolge anche il ruolo di responsabile per la prevenzione della corruzione (comma 1), assicura l'adempimento da parte dell'ente degli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente, garantendo la completezza, la chiarezza e l'aggiornamento delle informazioni pubblicate, nonché segnalando all'organo di indirizzo politico, all'organismo di vigilanza, all'Autorità nazionale anticorruzione i casi di mancato o ritardato adempimento degli obblighi di pubblicazione. Il responsabile provvede altresì all'aggiornamento del Programma per la trasparenza, all'interno del quale sono previste specifiche misure di monitoraggio sull'attuazione degli obblighi di trasparenza e ulteriori misure e iniziative di promozione della trasparenza in rapporto con il Piano anticorruzione. Il responsabile controlla e assicura la regolare attuazione dell'accesso civico. Anche gli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse, ai quali deve applicarsi la disciplina della trasparenza secondo l'interpretazione dell'art. 11 sopra ricordata, devono nominare il responsabile per la trasparenza. Come si è detto, l'art. 43 prevede la tendenziale identità tra il responsabile per la prevenzione della corruzione e responsabile per la trasparenza.

D'altro canto, l'art. 1, comma 7, della legge n. 190/2012 stabilisce che il responsabile per la prevenzione della corruzione sia individuato dall'organo di indirizzo politico "di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio". Applicando tali regole ad enti economici, anche sub specie societatis, si dovrà ritenere che l'organo di indirizzo dell'ente debba di regola attribuire il compito di responsabile della trasparenza ad un dirigente che occupa una posizione apicale nella propria organizzazione.

La scelta potrà essere diversa, così come si potrà decidere di distinguere soggettivamente i due responsabili: lo permette il tenore letterale delle disposizioni di legge, che stabiliscono che ciò avviene "di norma". In tali casi, si ritiene tuttavia necessaria un'adeguata motivazione delle ragioni(organizzative, di opportunità, di efficienza) del provvedimento, che indichi il responsabile in modo diverso dal normale meccanismo di legge.

In caso di enti ai quali si applichi il dettato del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 ("Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità") e che, quindi, adottino un modello di organizzazione e di gestione idoneo alla prevenzione di reati e che affidino ad un organismo di vigilanza (cosiddetto OdV) la verifica del modello, appare possibile che il modello organizzativo ex d.lgs. n. 231/01 ed il Programma per la trasparenza e l'integrità siano contenuti in un unico documento (nel quale potrebbero essere valutati anche i rischi di corruzione, inserendovi i contenuti del "Piano di prevenzione della corruzione" ex l. 190/2012), per ragioni di economicità e di razionale organizzazione. 7.Accesso civico. La citata circolare n.2/2013 ha chiarito la portata innovativa dell'istituto dell'accesso civico, la cui azionabilità deve essere assicurata anche dagli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse, in relazione agli obblighi di trasparenza agli stessi applicabili. Con lo strumento dell'accesso civico di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 chiunque può vigilare, attraverso il sito web istituzionale, non solo sul corretto adempimento formale degli obblighi di pubblicazione ma soprattutto sulle finalità e le modalità di utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti destinatari delle norme. Con l'accesso civico chiunque ha il potere di controllare la conformità dell'attività dell'amministrazione allo schema legale, determinando anche una maggiore responsabilizzazione di coloro che ricoprono ruoli strategici all'interno dell'amministrazione, soprattutto nelle aree più sensibili al rischio corruzione così come individuate dalla l. n. 190 del 2012.

Con l'introduzione dell'accesso civico, il legislatore ha inteso ampliare i confini tracciati dalla l. n. 241 del 1990 con diretto riferimento all'accesso ai documenti sotto un duplice profilo: delle informazioni che le amministrazioni devono rendere disponibili e dei requisiti richiesti al richiedente. Pertanto, negli enti privati in controllo pubblico tenuti al rispetto del decreto n. 33/2013 e alla nomina di un proprio responsabile della trasparenza, quest'ultimo si pone come il naturale interlocutore del cittadino in sede di attuazione del diritto di accesso civico.

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Il Capo II del d.lgs. n. 33 del 2013 pone una ulteriore serie di "Obblighi di pubblicazione concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni", che vanno necessariamente differenziati in relazione al soggetto al quale si riferiscono. 8.

L'obbligo di pubblicazione dei dati relativi all'organizzazione dell'ente. L'art. 13 impone la pubblicazione dei dati relativi all'organizzazione complessiva dell'ente:
● organi di indirizzo politico, di gestione e di amministrazione, con indicazione delle competenze;
● articolazione degli uffici (di struttura dirigenziale anche non generale), con indicazione del dirigente responsabile, delle competenze e delle risorse destinate al singolo ufficio;
● illustrazione accessibile e comprensibile dei dati organizzativi, anche mediante illustrazione grafica dell'organigramma:
● elenco dei numeri di telefono e delle caselle di posta elettronica degli uffici, nonchè della P.E.C. dedicata cui il cittadino possa rivolgersi per i contatti istituzionali con l'ente.

La norma si applicherà integralmente alle amministrazioni pubbliche intese secondo l'accezione estesa in via di interpretazione sopra riportata e, quindi, anche agli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse. 9. L'obbligo di pubblicazione dei dati relativi agli organi di indirizzo politico. In forza dell'art. 11, per come interpretato nella presente circolare, risultano pienamente applicabili agli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse le disposizioni di cui agli articoli 14 e 15.

Tali disposizioni, infatti, assicurano la trasparenza relativamente all'organizzazione dell'ente nel suo complesso, che comprende con tutta evidenza anche i dati relativi ai componenti degli organi di inidirizzo, ai dirigenti e ai collaboratori esterni. In particolare, con riferimento all'art. 14, può estendersi in via interpretativa alla fattispecie la definizione adottata dal d.lgs. n. 39/2013 (art. 1, comma 2, lett. f), secondo cui per "componenti di organi di indirizzo politico" , si intendono "le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali (…) oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali".

Anche in questo caso, per ragioni sistematiche, la generica dizione contenuta nel d.lgs. n. 33/2013 può essere integrata per via interpretativa con la più dettagliata definizione del decreto n. 39/2013, nei termini sopra chiariti. Peraltro, negli enti di diritto privato la distinzione tra organi di indirizzo e organi di gestione è meno rilevante di quanto possa avvenire nelle pubbliche amministrazioni. La trasparenza sugli organi interni deve quindi essere riferita a tutti gli organi di "governance" dell'ente (presidente, amministratore delegato, membri del consiglio di amministrazione) .

Quanto all'individuazione dei componenti degli organi di indirizzo destinatari degli obblighi di pubblicità previsti dall'art. 14 del d.lgs. n. 33 del 2013, è da ritenere che essi vadano sicuramente identificati nel presidente e nei componenti del consiglio di amministrazione designati dalle pubbliche amministrazioni di riferimento (due su tre o tre su cinque - il numero dei componenti varia a seconda della rilevanza e della complessità delle attività svolte).

Per quanto riguarda gli altri componenti, nominati da soggetti diversi dalle amministrazioni di riferimento, è auspicabile - per evidenti ragioni di opportunità in un'ottica di prevenzione di situazioni di conflitto, anche solo potenziale - che l'art. 14 trovi comunque adeguata applicazione con riferimento alle informazioni riguardanti sia i componenti degli organi di indirizzo sia la situazione patrimoniale del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado, ove gli stessi vi consentano. 10.L'obbligo di pubblicazione dei dati relativi agli incarichi dirigenziali e ai contratti di consulenza e di collaborazione.

Quanto all'art. 15, sussiste l'obbligo di pubblicazione relativamente ai titolari di incarichi dirigenziali, di contratti di consulenza e di collaborazione, trattandosi di ambito riconducibile alla nozione di "organizzazione" dell'ente. Restano fuori dall'obbligo di pubblicità i soli contratti di collaborazione che hanno connessione con la parte dell'attività dell'ente non rientrante in alcun modo nella cura di interessi pubblici. Il regime di pubblicità previsto deve considerarsi, in base al disposto dell'articolo 15, comma 2, quale conduzione per l'acquisizione di efficacia dell'atto di conferimento dell'incarico e per la liquidazione dei compensi.Inoltre, trova applicazione agli enti privati in controllo pubblico l'art. 1, comma 39, della legge n. 190/2012 (richiamato dal comma 5 dell'articolo 15 del decreto 33) che prevede la comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica di tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo senza procedure pubbliche di selezione. Infine, non può dimenticarsi che l'art. 2, comma 11, del recente decreto-legge 31 agosto 2012, n. 101, modificando l'art. 60, comma 3, del d.lgs. 30 marzo 2001, n.165, ha previsto che "gli enti pubblici economici, le aziende che producono servizi di pubblica utilità, le società non quotate partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4, e la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, relativamente ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica".

Tale previsione normativa, che amplia gli obblighi di comunicazione dei dati relativi al costo del personale con un raggio particolarmente esteso, fornisce una conferma legislativa - e perciò particolarmente qualificata - all'interpretazione dell'ambito soggettivo di applicazione delle regole di trasparenza fornite con la presente circolare . 11. Gli obblighi di trasparenza relativi alle partecipazioni in enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse.

L'art. 22 ha come finalità di rendere trasparenti le scelte dell'amministrazioni quanto all'organizzazione delle attività di cura degli interessi pubblici che le sono affidate dalla legge e quanto alla utilizzazione delle risorse pubbliche a disposizione, realizzate attraverso la creazione di altri enti, ovvero la partecipazione agli (o il finanziamento degli) stessi.

L'amministrazione interessata deve pubblicare nel proprio sito: a) le informazioni relative al complesso degli enti pubblici da essa istituiti, vigilati e finanziati; b) le informazioni relative al complesso degli enti di diritto privato che siano in suo controllo, così come individuati ai sensi dell'art. 11: c) le informazioni relative al complesso delle partecipazioni non di controllo. Per ciascuna delle tre categorie di soggetti l'amministrazione deve redigere un elenco e deve fornire per ciascuno degli enti una serie di informazioni tipizzate e tra loro differenziate. In particolare, le informazioni sono più dettagliate quanto agli enti pubblici (compresi gli enti pubblici economici) e quanto agli enti privati in controllo pubblico; sono, invece, più sintetiche con riferimento agli enti di diritto privato, nei quali l'amministrazione abbia una partecipazione minoritaria non di controllo. Per riassumere gli obblighi di pubblicità derivanti dall'art. 22, dovranno essere pubblicate le seguenti informazioni: la ragione sociale, la misura dell'eventuale partecipazione dell'amministrazione, la durata dell'impegno, l'onere complessivo a qualsiasi titolo gravante per l'anno sul bilancio dell'amministrazione, i risultati di bilancio degli ultimi tre esercizi finanziari, il numero e i nominativi dei rappresentanti dell'amministrazione negli organi di governo, il trattamento economico complessivo a ciascuno di essi spettante.

La norma detta, quindi, a carico delle pubbliche amministrazioni (in via diretta) una serie di obblighi di pubblicazione e di aggiornamento di dati relativi alle loro partecipazioni a diverso titolo in ulteriori enti. Per la sua natura, deve essere considerata espressione di un principio generale, applicabile anche alle società partecipate dagli enti di diritto privato in controllo pubblico (partecipate di secondo grado), per i quali si applica totalmente la disciplina della trasparenza secondo l'interpretazione della presente circolare. La disposizione deve, quindi, essere interpretata nel senso di essere destinata non solo a tutte le pubbliche amministrazioni, ma anche agli enti assimilati in via interpretativa (ad esempio gli enti di diritto privato totalmente controllati da enti pubblici, come sopra chiarito), che dovranno pubblicare i dati elencati nell'art. 22 relativamente alle proprie partecipazioni societarie (minoritarie e non) e ai rapporti di vigilanza. Nei confronti delle società, cosiddette di secondo livello, indirettamente controllate dalle pubbliche amministrazioni per il tramite di società direttamente controllate, è auspicabile, in virtù dell'art. 22 del d.lgs. n. 33 del 2013, che le società sottoposte al controllo diretto, ex art. 2359 del cod. civ., "promuovano" l'applicazione quanto meno dei "principi" di trasparenza. Sul punto, è bene precisare che spetta alle amministrazioni di riferimento vigilare, sotto la loro responsabilità, sulle amministrazioni controllate, mediante la predisposizione di atti di indirizzo e di apposite prescrizioni nei contratti di servizio, affinchè queste si attivino nei confronti delle società controllate di secondo livello.

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Conclusivamente, è da ritenere che sussista un regime differenziato degli obblighi di pubblicità in relazione: -da un lato, agli enti pubblici e agli enti privati in controllo pubblico, -dall'altro, agli enti di diritto privato solo partecipati, dovendosi ritenere che tutti gli obblighi di trasparenza (ed in primo luogo le norme generali degli artt. 13, 14, 15 e 22) non si applicano, in via di principio, alle società e agli altri enti di diritto privato nei quali la pubblica amministrazione abbia una partecipazione minoritaria, fatti salvi i casi in cui esse svolgano attività di pubblico interesse, così come sopra definite, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni del d.lgs. n. 33 del 2013, limitatamente a tali attività.

Le società partecipate in via minoritaria non sono, dunque, destinatarie degli obblighi di trasparenza in relazione alle attività di sola rilevanza economica e commerciale, rimanendovi sottoposte quanto alle attività di interesse pubblico. 12.Obblighi di trasparenza per i procedimenti di autorizzazione o concessione. Nell'ipotesi in cui l'attività degli enti si sostanzi nel rilascio di autorizzazioni o concessioni, si applicano agli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse le disposizioni generali di cui all'articolo 1, commi 28-29-30, della legge n. 190/2012, nonché quelle (che in parte le recepiscono) degli artt. 23,24 co.2 e 35 del d.lgs. n. 33/2013.

Trovano, inoltre, applicazione, nei limiti della compatibilità con l'attività svolta, tutte le norme del d.lgs. n. 33/2013 che disciplinano obblighi di trasparenza posti con riguardo all'attività amministrativa. 13.Obblighi di trasparenza relativi alla scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi (anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

In tema di appalti, trova applicazione la disciplina recata dall'art. 1, comma 32, della legge n. 190/2012. Restano fermi gli obblighi di pubblicità legale derivanti dal codice dei contratti, mentre al fine di assicurare la pubblicità-notizia, di cui al decreto legislativo sulla trasparenza, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: - la struttura proponente; - l'oggetto del bando; - l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; - l'aggiudicatario; - l'importo di aggiudicazione; - i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; - l'importo delle somme liquidate: Sul tema, occorre ricordare che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (A.V.C.P.) è intervenuta con deliberazione n. 26 del 22 maggio 2013, affermando che le amministrazioni interessate si rinvengono nei "soggetti individuati dall'art. 1, comma 34, della legge n. 190/2012" (ossia in un elenco soggettivo non perfettamente coincidente, come si è evidenziato, con quello di cui all'art. 11 del d.lgs. 33/2013) .

Trova inoltre applicazione l'articolo 37 del decreto n. 33/2013 che impone la pubblicazione delle informazioni relative alle procedure per l'affidamento e l'esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture e la delibera a contrarre nell'ipotesi in cui manchi il bando di gara. Entrambe queste norme si devono ritenere estese anche agli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse che possono essere assimilati, nei termini suesposti, alle pubbliche amministrazioni. 14.Obblighi di trasparenza relativi a concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati. Sul punto è già intervenuta la delibera CIVIT n. 59/2013 che, muovendo dal dato normativo, ha affermato l'obbligatorietà della pubblicazione di questi dati anche per le società partecipate e controllate. Secondo l'odierna interpretazione dell'ambito soggettivo di applicazione delle norme sulla trasparenza, i detti obblighi sono da ritenere estesi a tutti i soggetti che rientrano nella riportata nozione di ente di diritto privato che svolge attività di pubblico interesse.

Per quanto attiene l'ambito oggettivo di applicazione, rinviando per tutti gli adempimenti alla citata delibera CIVIT, va in questa sede rilevato che l'art. 26, comma 2, del d.lgs. n. 33/2013 impone la pubblicazione, nella sezione "Amministrazione trasparente", sotto-sezione "Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici", degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari alle imprese, e comunque di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati ai sensi dell'art. 12 della legge n. 241/1990, di importo superiore a mille euro.

Tale pubblicazione costituisce condizione legale di efficacia del provvedimento concessorio. Devono essere pubblicati, quindi, tutti quei provvedimenti che, sulla base della normativa vigente, sono volti a sostenere un soggetto sia pubblico che privato, accordandogli un vantaggio economico diretto o indiretto mediante l'erogazione di incentivi o agevolazioni che abbiano l'effetto di comportare sgravi, risparmi o acquisizione di risorse. I compensi dovuti dalle amministrazioni, dagli enti e dalle società a imprese e professionisti privati come corrispettivo per lo svolgimento di prestazioni professionali e per l'esecuzione di opere, lavori pubblici, servizi e forniture sono esclusi da questa sotto-sezione per essere pubblicati: i primi, all'interno delle sotto-sezioni "Consulenti e collaboratori" e "Personale" , secondo quanto previsto dall'art. 15, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 33/2013; i secondi, ai sensi dell'art. 37, comma 1, del decreto e dell'art. 1, comma 32, della legge n. 190/2012, nell'ambito della sotto-sezione "Bandi di gara e contratti".

Qualora l'amministrazione provveda a modificare o revocare un atto di concessione di vantaggi economici, le informazioni già pubblicate sul sito istituzionale non debbono essere sostituite ma soltanto integrate da apposita comunicazione, in cui si dà atto delle avvenute modificazioni. 15.Obblighi di trasparenza in materia di concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera. Vanno pubblicati i dati concernenti le procedure di reclutamento del personale a tempo determinato o indeterminato assunto presso gli enti di diritto privato che svolgono attività di pubblico interesse. Trovano applicazione, quindi, tutte le disposizioni di cui al d.lgs. n. 33/2013 che possono garantire trasparenza nell'ambito di questa area a rischio, come individuata nell'art. 1, comma 16, lettera d), della legge n. 190/2012. 16.

L'individuazione di giornate dedicate al progetto trasparenza e al progetto anticorruzione. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti, comunque, tenuti al rispetto dalla disciplina sulla trasparenza dovrebbero individuare in sede di predisposizione del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità o nel Piano anticorruzione apposite giornate, dedicate al progetto trasparenza e al progetto anticorruzione a fini informativi e conoscitivi a favore della collettività e di chiunque possa avere interesse a conoscere le iniziative intraprese, i risultati raggiunti e le misure correttive che l'amministrazione abbia inteso adottare(stakeholders).

f.to Ministro Gianpiero D'Alia